Team INEOS, Geraint Thomas concentrato sul Tour de France: “Mi piacerebbe tornare al Giro ma volevo andare al Tour ancora una volta come grande battitore”

Il 2020 sarà una stagione tutta in salita per Geraint Thomas. Il vincitore del Tour de France 2018 dovrà nuovamente ritagliarsi uno spazio da capitano nel Team INEOS a suon di prestazioni di alto livello, per non rischiare di scivolare di nuovo in basso nelle gerarchie dopo essere riuscito, ad oltre 30 anni, a scalarle fino a vincere una delle corse più importanti del Mondo. Il ritorno di Chris Froome e l’esplosione di Egan Bernal, unite all’arrivo di due corridori ambiziosi come Richard Carapaz e Rohan Dennis, di certo non gli renderanno il lavoro semplice. In ogni caso la definitiva prova del nove sarà il Tour de France, dove la strada deciderà chi si meriterà i galloni di capitano tra lui, Froome e Bernal.

“Il Tour sarà di nuovo un grande obiettivo per me – riporta CyclingWeekly Ovviamente è stato difficile non scegliere il Giro perché mi piacerebbe tornarci un giorno, ma volevo proprio andare al Tour ancora una volta come grande battitore. Ovviamente le Olimpiadi dopo sono ancora importanti”. Il fattore decisivo è stato questo percorso inusuale per una corsa come il Tour: “È diverso da questo punto di vista, non ci sono i tradizionali giorni di piattume… sarà emozionante“. Nonostante l’assenza di cronometro, il gallese non teme la sfida: “Una volta che sei lì, fai quello che puoi. Se non vincerò, non salirò sul podio o non finirò tra i primi 10 o altro, il successo sarà semplicemente quello di essere arrivato lì nella mia forma migliore“.

Archiviato un 2019 non eccezionale, l’inizio di questo 2020 sembra promettere bene: “Mi sento molto meglio e diverso rispetto a questo periodo dell’anno scorso. Ovviamente mi sono allenato, ho iniziato prima, penso di avere facilmente riposato il doppio tra ottobre e novembre scorso” precisa Thomas, che rimarca come non sia stato semplice psicologicamente vedere Bernal in giallo dopo l’arrivo “accorciato” sull’Iséran: “Sapevo che la mia occasione era andata a quel punto e dovevo solo fare del mio meglio per Egan. Nello sport, nella vita in generale, conta molto la fortuna. Se fai tutto nel modo giusto e lavori davvero duramente, arriva anche quella“.

“Penso che una parte di me abbia sperato di essere un leader unico per il Tour solo perché la maggior parte della mia carriera ho lavorato per gli altri. Quasi sempre. Tra me e me scherzosamente ho pensato ‘Egan non sa cosa significhi davvero lavorare per tutta la vita e poi finalmente vincere, ha solo 22 anni’. Mi sono solo sentito… non deluso dalla squadra, solo molto deluso“.

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